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Un anno di Covid, come sono cambiati i consumi in Italia

Tutto è iniziato il 21 febbraio 2020, quanto il purtroppo celebre il “paziente 1” venne ricoverato all’ospedale di Codogno. Da quel giorno, il virus ha iniziato a circolare nel nostro Paese e a distanza di oltre 12 mesi non se ne è ancora andato. Anche se oggi esistono un’infinità di armi in più per contrastare il nemico invisibile, resta il fatto che le nostre esistenze hanno necessariamente subito degli scossoni, costringendoci a cambiare stile di vita e abitudini. Ha fotografato questo strano periodo la ricerca “Eurispes, indagine: un anno di Covid in Italia” che ha analizzato i cambiamenti in atto nel vari settori della società. Condotta su 2.063 cittadini, rappresentativi della popolazione italiana, la ricerca è stata realizzata nel periodo compreso tra novembre 2020 e gennaio 2021. Dalla casa – diventata il centro di tutto – ai consumi, dal rapporto con gli altri e al ruolo del personale medico fino alla portata della Rete, la survey è ricca di spunti interessanti. Vediamone alcuni.

Nuove modalità di consumo

Il 21,9% degli italiani afferma di aver ordinato per la prima volta la spesa a domicilio dopo marzo 2020, ovvero dopo l’esplosione della pandemia da Covid-19. L’abitudine di ordinare la cena o altri pasti a domicilio era già abbastanza diffusa (il 28,6% lo faceva anche prima della pandemia), ma da marzo il 16,8% lo ha fatto per la prima volta. Il 13,1% ha ordinato per la prima volta farmaci a domicilio.

La tecnologia entra in casa

Gli strumenti tecnologici a supporto della comunicazione, già molto diffusi, sono diventati vitali: il 45,2% degli intervistati era già solito comunicare con amici/parenti tramite videochiamata; con la diffusione del virus quasi un terzo lo ha fatto per la prima volta (30,7%).  Il 13,4% degli italiani ha acquistato un abbonamento a piattaforme streaming (il 36,3% già lo aveva). E infine la decisione di acquistare/noleggiare strumenti per fitness domestico ha riguardato una quota non trascurabile del 14% (il 12,2% ne era già in possesso). Eppure, l’e-commerce resta una modalità sconosciuta per tre italiani su dieci, specie fra i cittadini più anziani. D’altra parte, con divese intensità, fare acquisti online sta diventando per molti una consuetudine: il 18,2% del campione fa acquisti online raramente, il 25,9% qualche volta, mentre il 16,3% spesso ed il 10,5% abitualmente. Gli over 64 sono l’unica fascia d’età nella quale prevalgono coloro che non fanno mai acquisti attraverso la Rete (59%).

Abitudini cambiate e non più abbandonate

Oltre un italiano su 4 (25,9%) continua ad ordinare la spesa a domicilio anche dopo la fine del lockdown primaverile, l’8,7% con la stessa frequenza, il 17,2% con minor frequenza. L’ordinazione di farmaci a domicilio continua ad essere utilizzata dal 16,4% degli intervistati (il 10,2% con minor frequenza), mentre il 9,8% ha smesso dopo il lockdown. Il 37,2% degli italiani continua ad ordinare pasti a domicilio, il 14,5% con la stessa frequenza del periodo del lockdown, il 22,7% meno spesso. Il 66,1% continua a videochiamare amici e parenti, il 31,5% con la stessa frequenza, il 34,6% meno spesso rispetto ai mesi della chiusura totale.

Pil italiano, +5,6% nel 2021. Si tornerà a livelli pre-crisi nel 2022

Nel 2021 il Pil italiano tornerà a crescere, ma i livelli pre-Covid si raggiungeranno solo nel 2022. A quanto prevede l’agenzia di rating Moody,s dopo il -9% del 2020 nel 2021 l’economia dell’Italia crescerà del 5,6%. Per quanto riguarda la ripresa economica in Europa l’Agenzia prevede che “sarà lenta, irregolare e fragile”, e nel 2021, dopo la contrazione del 7,7% del 2020, Moody,s prevede che il Pil europeo crescerà al +4,6%. Solo la Lituania, secondo Moody’s, tornerà ai livelli pre-crisi durante l’anno appena iniziato, mentre Italia, Francia e Spagna “impiegheranno almeno fino al 2022” per tornare ai livelli pre-crisi. Per tutti gli altri Paesi l’Agenzia sostiene che i rischi “rimangano elevati e volti al ribasso”, a causa degli “sviluppi incerti della pandemia e le potenziali azioni dei governi”, costretti in molti casi a reintrodurre le restrizioni, che verranno mantenute sicuramente fino ai primi mesi di quest’anno.

Italia e Spagna particolarmente esposte alle restrizioni dei governi

“Italia e Spagna – rileva ancora l’Agenzia – sono particolarmente esposte alle restrizioni interne”, perché hanno economie molto dipendenti dal settore dei servizi. In particolare, continueranno a risentire del minor afflusso di turisti. Sempre secondo Moody’s, è improbabile che la domanda di turismo internazionale torni ad avvicinarsi ai livelli precedenti, “fino a quando un vaccino efficace non sarà largamente in circolazione o non si avrà un trattamento che ridurrà significativamente i decessi”.

Un maggior rischio di credito in caso di nuovi shock all’economia

Inoltre, se Italia, Francia e Spagna registreranno dei tassi di crescita più elevati nel 2021 ciò riflette in gran parte un rimbalzo “meccanico” dopo le notevoli contrazioni dello scorso anno e la loro produzione rimarrà ben al di sotto dei livelli pre-crisi, riporta Agi. L’Italia, insieme a Spagna, Portogallo e Cipro, è tra i Paesi europei considerati dall’agenzia di rating a maggior rischio di credito in caso di nuovi shock all’economia.

“I rischi maggiori per il credito – si legge nel report di Moody’s – sono in Italia, Cipro, Spagna e Portogallo data la loro elevata esposizione economica alla crisi e il loro più limitato spazio fiscale”.

La Bce continuerà a svolgere un ruolo cruciale nel sostenere la fiducia degli investitori

Tuttavia, questi rischi sono mitigati dall’impegno della Banca centrale europea a fare tutto il necessario per fornire sostegno all’economia e aiutarla a superare la crisi innescata dalla pandemia. La Bce, secondo Moody’s, “continuerà a svolgere un ruolo cruciale nel sostenere la fiducia degli investitori e nel mantenere bassi i costi di rifinanziamento”.

Gli italiani e la salute del futuro, più presidiata e digitale

La pandemia ha avuto un impatto notevole sulla percezione del valore della salute da parte degli italiani. Se prima dell’emergenza sanitaria il 66% dichiarava che la salute fosse la cosa più importante nel corso del 2020 questo dato è cresciuto costantemente. E se a settembre a mettere la salute al primo posto era il 72% degli italiani a novembre la percentuale è salita al 78%. Inoltre, a essere cresciuta è anche l’attenzione alla salute in generale, con l’81% degli italiani d’accordo nell’affermare che la prevenzione sia la cura migliore. È quanto emerge dall’indagine Next Generation Health: le priorità degli Italiani per la sanità del futuro, realizzata da Doxa Pharma per Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson.

Si a prescrizioni e visite digitali

A fronte di una più complicata accessibilità ai servizi sanitari, la quasi totalità degli italiani (92%) ha sperimentato la ricezione delle prescrizioni mediche per via telematica. Allo stesso tempo, più di 6 cittadini su 10 esprimono elevata propensione circa il ricorso in futuro a modi diversi di relazionarsi con i clinici, consapevoli che la visita a distanza comporti diversi vantaggi, tra cui il minor tempo perso in attesa della visita (61%), minori rischi legati alla necessità di uscire di casa (57%) e minori costi per spostamenti e trasporti (54%). Allo stesso modo, il 90% degli italiani ritiene in generale che il canale digitale sia diventato imprescindibile, soprattutto per la diagnostica e per facilitare la relazione medico-paziente, con il 76% favorevole a visite mediche da remoto anche per il futuro, pur in assenza di situazioni complesse come quella che stiamo vivendo

Il Ssn e l’offerta sanitaria

L’emergenza Covid-19 ha però messo in luce anche le criticità del Ssn, facendo emergere la necessità di ripensare l’organizzazione dell’offerta sanitaria nel nostro Paese. I bisogni e le aspettative degli italiani sono un punto di partenza irrinunciabile nel tentativo di disegnare le possibili direttrici di una Sanità più moderna, sostenibile e vicina ai cittadini. Innanzitutto, la certezza da cui ripartire è conferma del valore del modello universalistico del Ssn italiano, molto apprezzato da oltre l’86% dei cittadini. Dalla ricerca emerge poi che l’area che richiederebbe un intervento immediato è la prenotazione e la gestione delle visite, che proprio durante i mesi del lockdown hanno subito un netto rallentamento.

Come migliorare la sanità?

Gli italiani hanno espresso chiaramente gli ambiti su cui intervenire per ridisegnare la sanità del futuro, con il 92% che si dichiara favorevole a presidi territoriali multi-specialistici, in modo da evitare di dover sempre ricorrere all’ospedale, e con il 72% che apprezzerebbe la domiciliazione delle terapie. Rimane comunque forte il ruolo di presidio territoriale delle farmacie, e il conseguente ruolo di consulente svolto dal farmacista. Per quanto riguarda la richiesta di maggiore uniformità dell’offerta sanitaria l’86% degli intervistati ritiene che debba essere uguale per tutti, a prescindere dalla regione di appartenenza.

I segreti della Danish Way per crescere figli felici

Secondo il World Happiness Report i danesi sono uno dei popoli più felici al mondo. Ma qual è il segreto della Danish Way per la felicità? Innanzitutto, no al genitore autoritario, si a giocare con i bambini, anche a costo di rinunciare a qualche impegno. Ma è in cucina che si può carpire uno dei segreti del metodo danese per crescere figli sereni, socievoli e con una buona dose di autostima. Per i danesi infatti cucinare e fare la spesa non sono più faccende riservate agli adulti, ma occasioni per giocare insieme ai figli a scopo educativo.

Le attività quotidiane sono il palcoscenico perfetto per i giochi

Perché allora non approfittare di un’attività quotidiana come cucinare per trasformarla in un’occasione educativa alla “danese”? Ne sono convinte Jessica Joelle Alexander, psicologa e giornalista americana trasferita in Danimarca, autrice di bestseller sul metodo danese, e Camilla Semlov Andersson, esperta della Danish Way. “Con i figli l’autorità non vale, non servono sermoni e ultimatum, gli ingredienti per crescerli sereni e fiduciosi è fare squadra”, spiegano le esperte nel manuale Il metodo danese per giocare con tuo figlio, edito da Newton Compton.

Il gioco non strutturato, libero, è poi lo strumento migliore per rendere i figli adulti più felici ed equilibrati, e le attività quotidiane sono il palcoscenico perfetto per giochi divertenti ed efficaci.

La cucina è il luogo più intimo della casa

Qual è allora e il luogo “intimo” per eccellenza dove nutrire le emozioni dei figli? Non la loro cameretta, né la sala, seduti tutti insieme davanti alla TV, ma la cucina, che riunisce la famiglia in modo attivo e affettuoso. Il percorso educativo danese completo però inizia dal supermercato, dove scegliere insieme ai più piccoli gli ingredienti delle ricette da sperimentare. I più grandi invece possono andare al supermercato da soli e acquistare gli ingredienti delle ricette prescelte. Ai pre-adolescenti, consigliano le autrici, è bene lasciare una sera a settimana affinché cucinino da soli per tutta la famiglia. L’intento è di dare forza al senso di autonomia, facendolo in modo affettuoso, emozionante perché condiviso tutti insieme intorno alla tavola.

Bandire telefoni e tablet da tavola e sala da pranzo

Perché la Danish Way sia efficace la tavola o la sala da pranzo però devono essere phone-free. Più che una zona franca “un luogo sacro”, come la definiscono i danesi, dove telefoni e tablet sono banditi. Inoltre, è importante tenere conto degli impegni e della stanchezza degli adulti: per giocare ci vuole l’attitudine giusta, perché nel gioco anche i genitori devono partecipare, essere presenti e responsabili della comunicazione. Prima di cominciare è bene perciò rispondere ad alcune domande: quale è il mio stato d’animo? E quello di mio figlio? Questo è il momento giusto per noi? Per non sbagliare il segreto è uno solo, quello di mettersi sempre nei panni dei figli.

Il Superbonus al 110% piace agli italiani: 9 milioni di famiglie vogliono utilizzarlo

 

Migliorare l’efficientamento energetico della propria abitazione senza dover pagare un euro: ecco cosa è possibile fare con il Superbonus al 110%, l’agevolazione prevista dal Decreto Rilancio. Nel dettaglio, questa misura consente di portare fino al 110% l’aliquota di detrazione delle spese per alcuni specifici interventi di efficientamento energetico degli immobili o adeguamento sismico effettuati tra 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2021. Insomma, un indubbio vantaggio tanto che quasi 1 italiano su 2 pensa di usufruirne, per un totale di 21 milioni di persone e circa 9 milioni di famiglie. A “dare i numeri” è una recente indagine condotta per Facile.it da mUp Research e Norstat su un campione rappresentativo della popolazione nazionale.

Per quali immobili sarà utilizzato

La ricerca ha anche esaminato quali saranno gli ambiti di intervento per cui gli italiani utilizzeranno il Superbonus. Circa il 55%, tra quanti hanno dichiarato di voler usufruire del bonus, lo faranno per il condominio in cui risiedono, mentre il 29,3%, pari a più di 6.250.000 individui, lo utilizzerà per la casa unifamiliare di residenza. Questa percentuale aumenta fino a raggiungere il 32,1% per gli abitanti del Sud e delle isole, mentre c’è anche una quota considerevole, circa 2 milioni di persone, che vorrebbero utilizzare questa opportunità per le seconde case, siano esse un immobile unifamiliare o parte di un condominio.

Le tipologie di intervento
Per poter avere accesso al Superbonus, occorre effettuare una o tutte delle tre tipologie di interventi definiti “trainanti”: i lavori di isolamento termico delle superfici, quelli di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti e quelli antisismici e di riduzione del rischio sismico. I primi due tipi di interventi “trainanti”, destinati cioè alla riqualificazione energetica, danno la possibilità ai singoli proprietari di estendere il bonus 110% anche ad alcuni interventi minori “trainati”, come ad esempio la sostituzione degli infissi, l’installazione di impianti solari fotovoltaici e di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici. Complessivamente, i lavori trainanti e trainati devono far sì che l’edificio migliori di almeno due classi energetiche. Ma quali interventi sono i più scelti dagli italiani? Il 58,2% del campione afferma che vi ricorrerà per l’intervento di isolamento termico (cappotto termico), percentuale che sale fino al 63,4% tra i residenti del Sud e delle isole. Sempre tra chi pensa di utilizzare l’agevolazione, più di 7.300.000 (34,7%) italiani hanno intenzione di sostituire l’impianto di climatizzazione invernale esistente con impianti centralizzati per il riscaldamento, raffreddamento o fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, mentre il 7,1%, vale a dire più di 1,5 milioni di individui, si dedicherà all’implementazione di misure antisismiche

Instagram, l’impatto del Covid su food e travel influencer

Tra stories, foto e dirette su Instagram i settori del travel e del food durante e dopo la pandemia hanno vissuto picchi e crolli vertiginosi. Se i food influencer tra maggio e agosto 2020 hanno visto un’impennata del proprio engagement, con 17,7 milioni di interazioni, +32% rispetto allo stesso periodo del 2019, i travel influencer hanno registrato un andamento completamente inverso, con interazioni ridotte del 15,7%, passando in termini assoluti da 23,5 milioni nel 2019 a poco meno di 20 milioni nel 2020. Lo ha scoperto Influencer Italia Travel & Food, Analisi dell’impatto del COVID19, la ricerca realizzata da Extreme, l’azienda italiana specializzata nella web e social media data intelligence.

Ad agosto 2020 -14% travel influencer e -5,4% food influencer

Extreme ha analizzato l’attività su Instagram di 600 influencer italiani specializzati nel settore travel e nel food, confrontando il periodo compreso tra i mesi di maggio/agosto del 2019 e del 2020. Da una prima comparazione la ricerca evidenzia come il numero degli influencer attivi ad agosto 2019 e 2020 abbia registrato un calo del 14% nel settore travel e solo del 5,4% nel settore food. Pur tenendo conto della normale decrescita fisiologica di soggetti che abbandonano un’attività sempre più affollata e competitiva, la forte contrazione del settore travel racconta una sofferenza generale vissuta dal comparto turistico in questi mesi come conseguenza diretta della pandemia.

Un andamento confermato anche dall’attività dei follower

“Misurando la media dei follower attivi per influencer si nota come il settore food abbia avuto un’interessante crescita nell’anno del Covid – spiega Riccardo Di Marcantonio, ceo di Extreme – se infatti tra maggio e agosto 2019 la crescita media era stata del 3,21%, nello stesso periodo del 2020 ha raggiunto il 5,1%. Se inoltre si considera l’andamento totale dei follower degli account Instagram si rileva come la crescita nel comparto food sia stata pari al 18,8%”.

Insomma, se il food ha svuotato i supermercati non si può dire la stessa cosa per le valigie vuote dei travel influencer, il cui tasso di crescita medio dei follower per influencer nell’anno del Covid19 si è fermato ad 1,76%, contro il 2,38% del 2019.

Ridimensionamento degli hashtag come #ad #adv #sponsoredby #supplied

Per quanto riguarda il numero dei post pubblicati, Extreme segnala una riduzione in entrambi i settori. Tuttavia mentre quella dei food influencer appare più contenuta, con 14.080 post del 2020, contro i 16.114 del 2019 (-12,6%), per i viaggiatori il decremento è stato più significativo, pari al 24% (da 11.600 post a 8.800). Di fatto la pandemia sembra aver decretato un blocco delle attività lavorative dei travel influencer, che hanno avuto più difficoltà a raccontare tramite post, stories e immagini le loro avventure e i loro clienti. Analizzando poi il numero di sponsorizzazioni, emerge come anche i post evidenziati con hashtag quali #ad #adv #sponsoredby #supplied siano stati ridimensionati: -33% sul volume dei contenuti pubblicati e -25% sulla media dei post promozionali per travel influencer.

I vantaggi del 5G per il consumo energetico

Anche la rete di connessione dati può migliorare l’impronta energetica. Uno dei vantaggi nell’adozione del 5G è infatti la consapevolezza di dover impattare meno sul pianeta. Come? Attraverso l’implementazione di meccanismi di efficienza calibrati, tanto che la maggior parte delle antenne sul territorio italiano è stata installata su torri già presenti, senza necessità di innalzarne altre.

Una presa di coscienza che si fonda sulla necessità di considerare come progresso tecnologico non solo uno scenario che permetta di utilizzare meglio e più velocemente internet, ma che si integri sempre più con l’ambiente circostante. Si tratta quindi di un’integrazione che va di pari passo con i livelli di consumo energetico, spesso citati quando si parla di 5G.

Le nuove antenne MIMO

Di fatto, secondo uno studio della NGMN Alliance, ogni passaggio da una generazione di rete mobile a un’altra comporta un guadagno di almeno dieci volte in termini di efficienza energetica. Un passo avanti compiuto dal 5G riguarda l’implementazione di antenne chiamate Massive Multiple-Input Multiple-Output (Massive MIMO), che contrariamente a quelle usate nel 4G, trasmettono il segnale solo nella direzione dello smartphone comunicante.

In questo modo, aumenta in modo significativo la capacità di dati erogata da un’antenna. E utilizzando contemporaneamente più bande, ciascuna è in grado di riutilizzare le frequenze della cella. Inoltre, le antenne MIMO concentrano gli amplificatori di potenza combinando elementi radianti, elettronica analogica e una parte digitale dedicata alle funzioni di gestione del raggio.

Fasce orarie per il traffico di comunicazione

Lo standard permette poi di creare fasce orarie dove il traffico di comunicazione è minimo, al fine di attivare una sorta di modalità di sospensione per una maggiore efficienza energetica. Un primo livello, già attivo per il 4G, prevede lo spegnimento dell’amplificatore di potenza, per una riduzione del 20% del consumo di energia. Ma il 5G sarà in grado di salire al livello 3, con un risparmio energetico di circa il 50%. Conoscere lo stato di tutte le apparecchiature aiuta inoltre a pianificare e gestire le proprie reti in modo molto più efficace. Grazie all’AI il 5G è il primo capace di autodeterminare il proprio funzionamento: una gestione più intelligente consente di ottenere informazioni continue su disponibilità, capacità, prestazioni e stabilità della rete, oltre che consumo di energia.

Il consumo da parte dell’industria Tlc deve diminuire

Ciò è reso possibile da routine avanzate, che sfruttano l’apprendimento automatico, l’automazione e l’analisi predittiva, estrapolando dati di valore dalle operazioni delle antenne, dall’occupazione della banda e dal flusso di connessioni in ingresso. La realtà è che il consumo complessivo di energia da parte dell’industria delle telecomunicazioni deve diminuire. Secondo le statistiche della GSMA il settore è responsabile del consumo tra il 2% e il 3% dell’energia prodotta a livello globale, riporta Ansa. Le telco sono perciò chiamate in causa in maniera diretta, e l’evoluzione al 5G è un’opportunità per assumere un’impronta più sostenibile.

Effetto Covid sull’università, circa 9.500 iscrizioni in meno

L’effetto della pandemia si fa sentire anche sulle iscrizioni all’università. L’anno accademico 2020/21 rischia infatti un crollo degli iscritti, di cui due terzi al Sud. Secondo le stime della Svimez la diminuzione degli immatricolati su scala nazionale ammonta a circa 9.500 studenti, di cui circa 6.300 nel Mezzogiorno e 3.200 nel Centro Nord. Al 2020 si stimano approssimativamente 292.000 maturi al Centro Nord e circa 197.000 al Mezzogiorno. Valutando l’impatto della crisi economica sul tasso di passaggio scuola/università, la Svimez prevede quindi una riduzione del tasso di proseguimento di 3,6 punti nel Mezzogiorno e di 1,5 nel Centro-Nord.

Il lento declino nei tassi di proseguimento scuola-università

I dati sul tasso di passaggio scuola-università dal 1991 al 2020 (2019 e 2020 stimati), mostrano come “a fronte del ritardo che ha caratterizzato gli anni ’90, nei primi anni 2000 il Mezzogiorno è riuscito a eguagliare e a superare nel 2003 il tasso di proseguimento del Centro-Nord, forse grazie alla riforma che in quegli anni introdusse il 3+2 nel sistema universitario italiano – sostiene la Svimez -. Da allora, è iniziato un lento declino nei tassi di proseguimento, esasperato dalla crisi 2008-2009 che ha portato il Mezzogiorno a registrare i tassi di proseguimento scuola-università più bassi dell’intera area euro”.

In 5 anni 20mila iscritti in meno nel Mezzogiorno

La crisi economica del 2008-2009, che si è trascinata fino al 2013, aveva provocato un crollo delle iscrizioni alle Università, soprattutto nel Mezzogiorno. Tra il 2008 e il 2013 il tasso di passaggio scuola-Università nel Mezzogiorno è crollato di 8,3 punti percentuali, quattro volte la diminuzione del Centro-Nord (1,6%). In un quinquennio gli iscritti si sono ridotti di oltre 20mila unità nelle regioni del Mezzogiorno. Anche nel Centro-Nord, la crisi aveva determinato un calo del tasso di proseguimento degli studi (-2 punti circa), ma per effetto della crescita dei diplomati non si è determinato una flessione del numero complessivo degli iscritti, riporta Adnkronos.

Il parziale recupero del Centro Nord

La ripresa delle iscrizioni e del tasso di passaggio nel periodo di debole ripresa (2013-19) ha consentito solo un parziale recupero per il Mezzogiorno, ancora lontano dai valori del 2008, a differenza del Centro-Nord che è tornato sui valori precrisi. Secondo il dato più recente (2019) il Mezzogiorno ha ancora 12.000 immatricolati in meno, e un tasso di passaggio di oltre 5 punti percentuali più basso. Mentre il Centro-Nord ha registrato per l’intero periodo un aumento di 30.000 immatricolati circa, e un aumento di oltre un punto percentuale del suo tasso di passaggio.

YouTube avvisa quando è ora di dormire

YouTube introduce una nuova funzione che aiuta gli utenti a non fare le ore piccole guardando video sullo smartphone. La novità, annunciata dall’azienda in un post, ricorda infatti agli utenti quando è ora di andare a letto.

Insomma, una sorta di sveglia al contrario, poiché la funzione consente di impostare un orario in cui smettere di guardare video e mettersi a dormire. Per attivarla, spiega una nota dell’Ansa, basta andare sulle impostazioni scegliendo di essere avvisati all’ora precisa in cui si desidera “staccare”, oppure aspettare fino al termine del video in esecuzione.

Guardando i video in un attimo i minuti diventano ore

L’emergenza coronavirus ha costretto molte persone a cambiare abitudini nel giro di pochissimo tempo, in un modo che sembrava impensabile fino a qualche mese fa. Le lunghe settimane di quarantena hanno condizionato vari aspetti della vita di ognuno, tra cui il ritmo sonno-veglia. Pare siano in molti che avendo abbandonato la consueta routine ora vanno a dormire sempre più tardi, svegliandosi stanchi a causa del sonno discontinuo. Spesso, ritrovandosi svegli in piena notte basta iniziare a vedere qualche video su YouTube, e in un attimo i minuti diventano ore. Complici i video consigliati, si entra in una spirale da cui è complicato uscire, si legge su hdblog.it.

Un promemoria ricorda agli utenti che è ora di andare a letto

Il fenomeno è così rilevante che anche YouTube se n’è accorto. E per arginare questa tendenza gli sviluppatori hanno introdotto un promemoria per ricordare agli utenti che è ora di staccare la spina e di andare a letto.

La nuova funzionalità sarà implementata nei dispositivi Android e iOS, e permette di impostare promemoria a orari stabiliti per arginare la visione compulsiva di video. È possibile anche decidere se il comando possa interrompere la visione di un video, oppure attendere che quest’ultimo sia finito. In ogni caso, una volta impostato, il promemoria non è “scolpito sulla pietra”, è sempre possibile ignorarlo o rimandarlo con il comando snooze.

Promuovere il benessere digitale degli utenti

L’iniziativa fa parte di un progetto più ampio promosso da YouTube , e volto a promuovere il benessere digitale degli utenti. L’impostazione si aggiunge infatti ad altre funzioni lanciate nel 2018 volte a limitare il tempo trascorso davanti allo schermo. Allora, erano stati introdotti una serie di strumenti per favorire una buona gestione del tempo speso online. Tra queste, la possibilità di impostare una pausa, con lo stop alla riproduzione dei video che scatta dopo un tempo prefissato tra i 15 minuti e le 2 ore. Da quando il set è stato introdotto, l’app ha invitato gli utenti a prendersi una pausa per più di tre miliardi di volte.

Trasporto aereo in picchiata, a marzo -85% passeggeri

Se la diffusione del Covid-19 ha fermato quasi completamente i trasporti, il comparto che ha subito il più forte impatto è il trasporto aereo di passeggeri. Nel solo mese di marzo 2020 i voli effettuati sono calati del 66,3% e il numero di passeggeri dell’85,1%, passati, secondo un rapporto dell’Istat sul settore aereo, da 13,988 milioni a poco più di 2,083 milioni.

“Benché i servizi per la mobilità delle persone e delle merci siano stati inclusi tra i settori economici e produttivi essenziali non sottoposti a sospensione delle attività – spiega l’Istituto di Statistica – i provvedimenti di contenimento dell’epidemia assunti dalle Autorità nazionali e internazionali hanno di fatto ridotto le possibilità di volare, limitandole a ragioni di lavoro, di salute o di assoluta necessità, prevedendo restrizioni all’ingresso e all’uscita in diversi Paesi e stabilendo la chiusura di alcuni aeroporti”.

Nel 2019 i passeggeri transitati in 39 scali italiani sono stati 193 milioni

I dati testimoniano la drammatica frenata del traffico passeggeri, un settore che per il 2020 a livello mondiale sembrava destinato a una crescita importante, mentre ora sta subendo una crisi globale. Nel 2017 nel settore del trasporto aereo di passeggeri e merci operavano in Italia 193 imprese, che hanno realizzato un fatturato di 9,4 miliardi di euro e occupato poco meno di 20 mila unità di lavoro, di cui il 99,7% sono lavoratori dipendenti. Nel 2019, i passeggeri transitati nei 39 scali italiani monitorati da Assaeroporti sono stati 193 milioni, ovvero 7,4 milioni in più rispetto all’anno precedente, pari al +4%, in linea con il trend positivo degli anni precedenti, anche se a un ritmo di crescita meno sostenuto rispetto al 2018 (+5,9%) e al 2017 (+6,4%).

L’emergenza Covid-19 ha interrotto l’evoluzione positiva del settore

Per il 2020 si attendeva una conferma del trend positivo del traffico aereo a livello mondiale. Anche per il nostro Paese i primi dati registrati nel mese di gennaio lasciavano ben sperare: gli oltre 12,5 milioni di passeggeri transitati negli aeroporti italiani rappresentavano un incremento del 4,1% rispetto al 2019, sostanzialmente lo stesso ritmo di crescita registrato per lo stesso mese dell’anno precedente (+4,9% dal 2018 al 2019). L’emergenza Covid-19 ha interrotto brutalmente l’evoluzione positiva del settore, precipitandolo in una drammatica crisi globale in un brevissimo intervallo di tempo e con proporzioni senza precedenti.

In cinque settimane si è passati da 459.709 passeggeri a 6.780

In sole cinque settimane si è passati dai 459.709 passeggeri in arrivo e in partenza di domenica 23 febbraio 2020, ai 6.780 di domenica 29 marzo.

Rispetto allo scorso anno, il bilancio del mese di marzo 2020 indica un calo del 66,3% di voli effettuati e dell’85,1% del numero di passeggeri. In particolare, i passeggeri trasportati nel mese di marzo sono passati da 4,9 milioni a meno di 748 mila per i voli nazionali, per quelli internazionali, che interessano circa il 64% dei passeggeri, questi sono passati da 9,0 milioni a 1,3 milioni, riporta Italpress.