In Europa migliora la parità, ma non nelle aziende: solo 6% donne capo

Qualcosa si muove in Europa per l’uguaglianza di genere, ma la strada obiettivamente è ancora lunga, visto che sono appena 42 le società dell’indice di borsa STOXX Europe 600 con a capo una donna (il 6%), e solamente 130 (19%) le realtà in cui è presente una donna a ricoprire almeno una funzione tra ceo o coo. È quanto emerge dall’indice di Gender Diversity in Europa, lo studio europeo rilasciato da EWOB, l’associazione no profit European Women on Boards, di cui Valore D è membro, che ogni anno analizza la rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e nei vertici aziendali delle 668 più grandi società europee.

Italia al sesto posto nell’indice di Gender Diversity

Le cose possono cambiare, come ha detto il neo presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden alla cerimonia d’insediamento della presidenza americana rivolta a Kamala Harris, la prima donna alla carica di vicepresidente. Ma in Europa la strada è appunto ancora lunga, anche se la lettura dell’indice ha qualche risvolto incoraggiante.  L’Italia occupa infatti al sesto posto nell’indice di Gender Diversity tra i paesi europei esaminati, con il 37% di donne nei cda, il 22% di donne a capo di un cda e il 45% delle donne a capo dei comitati di controllo, parametro per cui l’Italia è in testa alla classifica. Al top dell’indice si trovano Norvegia, Francia, Gran Bretagna, Finlandia e Svezia.

Solo il 17% le donne italiane presenti nei livelli esecutivi

Allo stesso tempo fuori dei consigli di amministrazione, il nostro paese è ancora lontano dall’essere bilanciato, infatti la percentuale di donne nei livelli esecutivi è solo del 17% contro il 33% della Norvegia e il 25% degli UK. Inoltre, in Italia solo il 4% delle donne sono ceo contro il 21% della Norvegia, o il 15% dell’Irlanda. Le prime cinque aziende in classifica, poi, sono inglesi e svedesi, e le prime tre sono accomunate da una leadership perfettamente equilibrata (Gender diversity index = 1). Al top, riporta Ansa, c’è l’inglese Assura, seconda la svedese Wihlborgs Fastigheter, terza l’inglese Grainger, quarte e quinte le svedesi Kinnevic B e Sweco B.

Cultura politica e aziendale dominante alla base della sotto rappresentanza femminile

I dati 2020 sono però da inquadrare in un periodo, come è noto, molto difficile. Oltre alle conseguenze dirette sulla salute la pandemia ha danneggiato il benessere e la conciliazione vita-lavoro di molti lavoratori. Allo stesso tempo, il 2020 è stato un anno di movimenti sociali e proteste che chiedono proprio di affrontare i divari.  Secondo la UE però la sotto rappresentanza femminile nei processi e ruoli decisionali dipende essenzialmente dalla perpetuazione di stereotipi di genere, dalla mancanza di un adeguato supporto a donne e uomini per un corretto bilanciamento tra le responsabilità familiari e lavorative, nonché dalla cultura politica e aziendale dominante nelle società, riferisce Il Mattino.