Investimenti in R&S, il motore della ripresa

Le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel PNRR ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo del totale. La maggior parte si concentrano su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni). 

Sono alcuni dati emersi dalla terza edizione della Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia del CNR. Il PNRR costituisce un’occasione irripetibile “per instaurare il circolo virtuoso tra ricerca e innovazione e sviluppo economico e sociale del paese – afferma Maria Chiara Carrozza, presidente del CNR – e avviare numerosi progetti di sviluppo scientifico e tecnologico e nuove collaborazioni tra mondo accademico, amministrazione pubblica, enti locali e industria”.

Spesa per R&S in rapporto al PIL all’1,4%

Per quanto riguarda i Programmi Quadro europei, l’Italia contribuisce al bilancio per la ricerca comunitaria con il 12,5%, ma i finanziamenti che ritornano sono pari all’8,7%. Ciò dipende anche dal fatto che i ricercatori in Italia sono meno rispetto ai nostri partner europei (6 su mille unità di forza lavoro contro oltre 10 in Francia e Germania).

In Italia la spesa per R&S in rapporto al PIL è in lieve ripresa (1,4%), poiché gli stanziamenti pubblici hanno smesso di ridursi. Anche l’andamento del personale addetto alla R&S cresce, grazie all’incremento del personale nelle imprese, che ha raggiunto 218mila addetti.

Gli iscritti al dottorato sono meno della media UE

Solo lo 0,5% della popolazione in età lavorativa in Italia ha però il dottorato di ricerca, contro l’1,2% della media dell’Unione. Anche gli iscritti al dottorato sono meno della media UE: lo 0,14% contro lo 0,28%. Non sorprende poi che una parte dei nostri studenti svolga il dottorato all’estero: dopo 6 anni dal conseguimento del titolo il reddito medio mensile in Italia è pari a 1.679 euro contro 2.700 all’estero.

È necessario aumentare il numero di coloro che conseguono questo titolo, circa 10 mila studenti l’anno, per compiere un salto nella specializzazione tecnologica e produttiva verso settori e industrie a più elevato contenuto di conoscenza, riporta Italpress.

Più della metà dei dottori di ricerca è donna

La quota di donne rappresenta più della metà dei dottori di ricerca, ma gli uomini coprono il 60% dei posti nelle STEM e le donne il 58% nelle altre materie. Il gap salariale esplode nelle scienze mediche, dove gli uomini, dopo 4-6 anni dal conseguimento del titolo, guadagnano 704 euro in più delle donne. 

Per quanto riguarda la produzione scientifica, si conferma una comunità accademica e della ricerca che risponde alle incertezze istituzionali generando una quantità di pubblicazioni scientifiche pari al 5% sul totale mondiale, e con un impatto in aumento. La produzione di brevetti continua a essere però sotto paesi come Germania e Francia, con 4.600 brevetti italiani depositati all’Ufficio Europeo del Brevetto nel 2020, contro 25.954 in Germania e 10.554 in Francia.