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Dop economy, nel 2020 ‘tiene’ e raggiunge 16,6 miliardi

La Dop economy vale il 19% del fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale, e nell’anno segnato dalla pandemia raggiunge 16,6 miliardi di valore alla produzione (-2%) e 9,5 miliardi di export (-0,1%), pari al 20% delle esportazioni nazionali di settore. Questo grazie al contributo delle grandi produzioni certificate, anche se non mancano elementi che confermano un forte dinamismo del sistema delle Indicazioni Geografiche italiane, fra cui l’affermarsi di categorie come le paste alimentari o i prodotti della panetteria e pasticceria. Lo attesta l’analisi del XIX Rapporto Ismea- Qualivita sul settore italiano dei prodotti Dop Igp.

Export a 5,6 miliardi, -1,3% su base annua ma +71% dal 2010

Le esportazioni dei prodotti Dop Igp hanno un peso del 20% nell’export agroalimentare italiano, e raggiungono 5,6 miliardi, per un -1,3% su base annua e un trend del +71% dal 2010. Risentono degli effetti della pandemia soprattutto i mercati extra-UE (-4,3%), mentre cresce l’export in UE (+4,1%) con incrementi a doppia cifra per i Paesi scandinavi e del Nord Europa. Ma i mercati principali si confermano Germania (770 milioni), Usa (647 milioni), Francia (520 milioni) e Regno Unito (268 milioni). Il valore complessivo è frutto anche di un andamento diverso fra i comparti cibo e vino, con il cibo che con 3,92 miliardi registra un incremento del valore esportato del +1,6%, e il vino, che con 5,57 miliardi mostra un calo del -1,3%.

Si conferma la concentrazione del valore nel Nord Italia

Tutte le regioni e le province italiane registrano un impatto economico delle filiere Dop Igp, anche se si conferma la concentrazione del valore nel Nord Italia.
Fra le prime venti province per valore, ben undici sono delle regioni del Nord-Est, a partire dalle prime tre, Treviso, Parma e Verona, che registrano un impatto territoriale oltre il miliardo. Nel 2020 solo l’area Sud e Isole mostra un incremento complessivo del valore rispetto all’anno precedente (+7,5%), con crescite importanti soprattutto per Puglia e Sardegna.

Agroalimentare e vitivinicolo 

L’agroalimentare italiano Dop Igp Stg, riporta Italpress, coinvolge oltre 86mila operatori, 165 Consorzi autorizzati e 46 organismi di controllo. Nel 2020 raggiunge 7,3 miliardi di valore alla produzione, per un -3,8% in un anno e un trend del +29% dal 2010. Stabile il valore al consumo a 15,2 miliardi, per un andamento del +34% sul 2010.
Il vitivinicolo italiano Dop Igp coinvolge invece oltre 113mila operatori, 121 Consorzi autorizzati e 12 organismi di controllo. Nel 2020 registra 24,3 milioni di ettolitri di vino Ig imbottigliato (+1,7% in un anno), con le Dop che rappresentano il 68% della produzione e le Igp il 32%. Il valore della produzione sfusa di vini Ig è di 3,2 miliardi, mentre all’imbottigliato è 9,3 miliardi (-0,6%), con le Dop che ricoprono un peso economico pari all’81%.

A dicembre frenata congiunturale dell’Indice dei prezzi tecnologici

A dicembre 2021 l’Indice dei Prezzi Tecnologici (IPT) scende di -2,30 punti rispetto a novembre, confermando la tradizionale contrazione congiunturale dell’ultimo mese dell’anno.
I settori che hanno subito le maggiori contrazioni dei prezzi sono stati quelli delle Comunicazioni e dell’Entertainment. Dal 2016 è la più elevata diminuzione congiunturale del mese di dicembre degli ultimi 5 anni, ma a livello tendenziale, ovvero rispetto a dicembre 2020, l’IPT ottiene un incremento di +0,65 punti, continuando il trend di crescita dei prezzi degli ultimi mesi su base annua.

Comunicazioni e Entertainment in contrazione

Nelle Comunicazioni si registrano flessioni importanti per Assistenti vocali (-11,16 punti IPT e -6,68 punti rispetto a dicembre 2020), Wearable Health&Fitness (-7,01 punti), Telefoni Cellulari (-6,03) e Telefoni Fissi VOIP (-5,42), che tuttavia sono incrementati di 12,21 punti rispetto a dicembre 2020.
Nell’Entertainment sono quattro le famiglie tecnologiche che hanno contribuito a contrarre l’IPT. I TV Flat per via del bonus governativo (-4,55 punti), che tuttavia hanno registrato un incremento tendenziale di 7,40 punti rispetto a dicembre 2020, l’Home Cinema, diminuito di 2,93 punti, e di 16,57 punti rispetto a dicembre 2020, le Consolle per Videogiochi, che riducono l’IPT di 2,66 punti rispetto a novembre 2021 e di 7,12 punti rispetto a dicembre 2020, e le Digital Camera, in contrazione congiunturale di 2,51 punti.

Contributo positivo dei prodotti GED e PED

Un contributo positivo all’IPT di dicembre 2021 arriva dai Grandi Elettrodomestici e dal settore Informatico. Per quanto riguarda il GED, gli elettrodomestici Built-in hanno vivacizzato verso l’alto l’IPT: Piani cottura (+3,41 punti), (Forni +2,73), Frigoriferi e Lavatrici Built-in, che hanno registrato non solo aumenti congiunturali (rispettivamente +3,23 e +2,42 punti) ma anche importanti incrementi dell’IPT a rispetto a dicembre 2020 (+19,46 e +13,37).
Ulteriori consistenti rialzi di prezzi di alcune famiglie di prodotti PED, un settore su cui si concentra molto l’attenzione degli italiani per i regali tecnologici di fine anno: tra i più rilevanti segnaliamo le Macchine da Caffè (+19,08); i prodotti per i Capelli (+14,44 punti) e gli Aspirapolvere (+10,34).

Le oscillazioni del settore Informatico

Quanto al settore Informatico, per i Notebook la decrescita tendenziale dell’IPT è di 40,81 punti, mentre sono cresciuti i prezzi delle Stampanti Multifunzione (+8,31 punti di IPT), dei Computer Desktop (+2,30) e dei Monitor (+1,94). Ma se Multifunzione e Desktop segnano un arretramento dell’IPT tendenziale (rispettivamente -8,30 e -7,49 punti), i Monitor rialzano i prezzi anno su anno (+12,30 punti). Dicembre è sicuramente un mese atipico per l’intero settore delle vendite al dettaglio, e per il settore della tecnologia ancora più degli scorsi anni.
Sono diversi i fattori che hanno agito sulle politiche di pricing, determinando uno scenario complesso in cui produttori e rivenditori dovranno districarsi, almeno nei primi mesi del 2022.

Smart-working, le 5 mosse per l’equilibrio tra vita privata e lavoro

Quali sono le ‘5 mosse vincenti’ per trovare un buon equilibrio tra lo smartworking e la vita privata? Primo, organizzare il lavoro, secondo, no al multitasking, terzo, rilassare la mente, quarto, trovare i propri spazi, e quinto, dedicarsi del tempo. Sono i cinque consigli utili che MeglioQuesto, il network globale e player di riferimento in Italia nel settore della customer experience, in collaborazione con Relief, hanno proposto come primo pronto soccorso psicologico per le emergenze emotive e il benessere quotidiano al fine di supportare gli smart worker in un clima psicologico ottimale.

Diminuisce la percentuale di smart workers pienamente ingaggiati

Lo scenario da cui partono gli esperti di MeglioQuesto e Relief è quello delineato dall’Osservatorio Smart Working, che ha stimato come al termine della pandemia le organizzazioni prevedano un aumento degli smart workers rispetto ai numeri registrati negli ultimi diciotto mesi.  Il perdurare dell’emergenza sanitaria, e i lunghi periodi di lavoro forzato da casa, hanno avuto però anche ripercussioni negative. È infatti diminuita la percentuale di smart workers pienamente ingaggiati (ovvero legati all’azienda e attaccati al proprio lavoro, oltre che soddisfatti), passata dal 18% al 7%, restando comunque, seppur di poco, superiore a quella degli altri lavoratori inseriti in organizzazioni tradizionali (pari al 6%).

Il tecnostress ha colpito un lavoratore su quattro 

In questo scenario, il tecnostress, l’impatto negativo a livello comportamentale o psicologico causati dall’uso delle tecnologie, ha poi interessato un lavoratore su quattro, in misura maggiore smart workers (28% contro il 22% degli altri dipendenti), in particolare, donne (29% contro il 22% dei colleghi) e responsabili (27% contro il 23% dei collaboratori). Alcuni possibili effetti negativi del tecnostress sono il peggioramento dell’equilibro tra vita privata e lavoro, dell’efficienza e l’overworking, ovvero dedicare un’elevata quantità di tempo alle attività lavorative trascurando momenti di riposo.

Ottenere una separazione più efficace degli ambiti personali da quelli produttivi

Tecnostress e overworking hanno coinvolto il 13% dei lavoratori, e in misura maggiore gli smart worker rispetto agli altri lavoratori (17% contro 9%), le donne più degli uomini (19% contro 11%) e i manager più dei collaboratori (19% contro 9%).  Da qui la strategia e i consigli di MeglioQuesto e Relief, che hanno l’obiettivo di aiutare i lavoratori a organizzare meglio il tempo, e modulare le emozioni per ottenere una più efficace separazione degli ambiti personali da quelli produttivi. Ovviamente, a vantaggio di entrambi.

Studiare matematica e fisica favorisce lo sviluppo del pensiero algoritmico?

Gli studenti di oggi saranno i lavoratori del futuro, e il mercato futuro richiederà competenze sempre più legate all’informatica e al mondo dei big data, ambiti ora più che mai alla ribalta anche per la situazione pandemica globale. I dati quindi sono e saranno una risorsa fondamentale, e saperli gestire una competenza molto richiesta dal mercato del lavoro. Che gli studenti italiani sappiano “contare” si sa, ma come se la cavano con il pensiero algoritmico? Uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Complex Networks (Oxford University Press) ha quantificato l’abilità dei maturandi di pensare in termini di dati, modelli e simulazioni sul mondo che li circonda. E i risultati evidenziano nuove sfide per la scuola del futuro.

Uno studio evidenzia le lacune dei giovani studenti italiani

La ricerca, svolta in collaborazione con la New York Hall of Science e la HSE University, evidenzia alcune criticità nel modo di percepire i dati e gli algoritmi da parte degli studenti italiani esposti a programmi didattici intensivi di matematica, fisica e scienze della vita. Confrontando il modo di pensare di oltre 200 tra studenti di scuola superiore e ricercatori internazionali in data science, lo studio ha evidenziato alcuni ‘tasselli’ mancanti nella mente dei giovani studenti, soprattutto nell’ambito del cosiddetto pensiero algoritmico.

Non servono competenze ma una ‘forma mentis’ particolare

“Il pensiero algoritmico è l’abilità di ragionare sul mondo in termini di dati, modelli e predizioni – spiega il dottor Massimo Stella, professore di Data Science alla University of Exeter (UK) e primo autore dello studio -. Non si tratta di possedere competenze, come saper risolvere integrali e derivate, ma piuttosto di possedere una forma mentis adatta a identificare metodi per estrarre informazioni, come il coding, le simulazioni o i modelli”.

La scuola del futuro deve fornire anche strumenti di pensiero

Più in particolare, la ricerca ha evidenziato come gli studenti siano inconsapevoli del pensiero algoritmico e inquadrino concetti come ‘modello’ o ‘simulazione’ come eventi legati a persone o alla moda. Al contrario, i ricercatori hanno legato tali concetti a modi di ottenere nuove conoscenze sul mondo, come nei sistemi quali il meteo, i social media o i mercati finanziari. Tutti sistemi di chiaro impatto per il lavoro di domani. La scuola del futuro deve affrontare un’ulteriore sfida per essere portatrice di innovazione: usando la forma mentis dei ricercatori come fonte d’ispirazione, agli studenti dovrebbero essere fornite non solo competenze, ma anche strumenti di pensiero, proprio come quello algoritmico.

Italia, aumenta ancora la tassa per i rifiuti

Catania è il capoluogo di provincia più caro, mentre Potenza è il più economico. A livello regionale, è il Veneto l’area più conveniente mentre la Campania quella che paga il conto più salato: si tratta della classifica dell’entità della tassa dei rifiuti, un onore che nell’ultimo anno è aumentato a livello nazionale dell’1,5%.

Cifre che pesano
A livello di budget familiare, quella della tassa rifiuti non è una voce da poco: è di 312 euro la tassa per i rifiuti pagata in media nel 2021 da una famiglia nel nostro Paese, prendendo come riferimento per il 2021 un nucleo tipo composto da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. Facendo i conti in tasca agli italiani, la rilevazione annuale dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva afferma che la regione con la spesa media più bassa è il Veneto (232 euro), dove si registra anche una diminuzione del 4% circa rispetto all’anno precedente. Al contrario, la regione con la spesa più elevata resta la Campania (416 euro, -0,6% rispetto al 2020). A livello territoriale si registrano aumenti in dodici regioni: incremento a due cifre in Liguria (+10,3%), segue la Basilicata con +8,1%, il Molise con +6,1% e la Calabria con +5,9%; tariffe in diminuzione in sei: in Sardegna si registra un -5% e in Veneto un -3,8%. Sempre a livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 270 euro, +1,6% rispetto al 2020), segue il Centro (313 euro, +2,4%), infine il Sud, più costoso (353 euro, +1,3%).
“A fronte di una spesa media a famiglia che continua a salire e di una eccessiva sperequazione della tariffa fra le regioni e le singole città, ci spiace constatare che soltanto il 10% dei capoluoghi di provincia applica la tariffa puntuale che incentiverebbe le famiglie a produrre meno rifiuti. Allo stesso modo ancora scarseggiano le iniziative per favorire il riuso e per ridurre i rifiuti, sebbene finalmente tutte le regioni registrino un aumento nei livelli di raccolta differenziata”, dichiara Tiziana Toto, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva.

Cresce anche la raccolta differenziata
In Italia cresce la raccolta differenziata ma sono ancora scarse le iniziative per favorire il riuso e limitare i rifiuti. Il Veneto è la regione più virtuosa, male la Sicilia. Secondo il rapporto Rifiuti urbani 2020 dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), gli italiani nel 2019 hanno prodotto 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-0,3% rispetto al 2018). La maggioranza è prodotta al Nord (47,9%) seguito dal Sud (30,3%) e infine dal Centro entro (21,8%). La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 61,3% (+3,1 punti percentuale rispetto al 2018) mentre il 21% finisce in discarica. A livello di aree geografiche, primeggia anche in questo caso il Nord (69,6% di raccolta differenziata) seguito da Centro (58,1%) e Sud (50,6%).

I dieci trend che stanno cambiando il Non Food

L’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy ha stilato il decalogo delle tendenze e dei fenomeni di consumo per il settore No Food.
Trend che spesso rimangono confinati all’interno di un singolo comparto, ma che invece rappresentano tendenze di fondo comuni e che impattano, in modalità diverse, tutto il mondo del largo consumo non alimentare. La prima è un nuovo carrello della spesa. La minor vita sociale ha tagliato infatti molte esigenze degli italiani, facendo diminuire la spesa per prodotti come rossetti, sneaker e ferri da stiro. Al contrario, la maggior vita domestica ha spronato gli acquisti di altri prodotti (tagliacapelli, macchine per il caffè, ciabatte…), e l’home working ha imposto nuove esigenze, che hanno attutito il calo storico di comparti come cancelleria e tessile casa.

L’edutainment vola e nuovi stili di consumo affossano il lusso

In cinque anni l’edutainment è passato dal 3,2% al 4,9% di incidenza sul totale dei consumi Non Food in Italia, e oltre la metà delle vendite è realizzata online. Ma il commercio urbano centrale resta ancora il più rilevante tra le sei tipologie di agglomerazioni commerciali classificate dall’Osservatorio. Con la pandemia ha visto la riscoperta da parte degli italiani, e non solo per ragioni di comodità, ma anche perché ha saputo rispondere in modo più efficace alle nuove esigenze.  Il ritorno all’essenzialità e la riduzione degli acquisti voluttuari hanno poi penalizzato i beni di lusso. Ma sul luxury shopping ha avuto un impatto negativo anche il crollo del turismo straniero.

La distribuzione ‘alternativa’ conquista per la sua comodità

D’altronde, le misure sanitarie hanno penalizzato anche i centri commerciali e accelerato il loro processo di cambiamento. Nel post Covid-19 sarà quindi ancora più importante riposizionarsi come luoghi di ristoro ed entertainment, e non solo di shopping. Le limitazioni agli spostamenti e i timori sanitari hanno poi spinto l’e-commerce: le vendite online hanno guadagnato quota e valore in tutti i comparti del Non Food, con performance di spicco nell’elettronica di consumo e nei piccoli elettrodomestici, dove il web è diventato il primo canale di vendita. Accelera poi la crescita delle forme di distribuzione alternativa, come le vendite a domicilio o per corrispondenza, e quelle realizzate nei distributori automatici e nelle cosiddette ‘tabelle speciali’ (tabaccherie, stazioni di carburanti e farmacie).

Il ruolo degli influencer

Negozi di ottica e computer shop, mobilifici e ferramenta, garden center e autofficine sono invece alcuni negozi specializzati che stanno dimostrando di saper resistere all’evoluzione dei consumi non alimentari. E se uffici chiusi e lavoro da casa hanno penalizzato le attività commerciali nei business district, il permanere dello smart working potrebbe portare alla rivitalizzazione stabile dei centri di minori dimensioni. Ma se 88 italiani over 14 su 100 sono internauti, e amano soprattutto i social, si tratta di un trend che i retailer del Non Food hanno ben intercettato. Emblematici sono i casi dell’ottica e dei libri non scolastici, dove l’aumento delle vendite online è stato sostenuto da influencer e blogger.

In Lombardia cresce il volume d’affari delle costruzioni

Nel secondo trimestre 2021 le imprese lombarde delle costruzioni e dell’edilizia registrano una forte crescita del volume d’affari. Un trend positivo confermato dalla variazione rispetto al trimestre precedente: l’incremento sul primo trimestre dell’anno sfiora il 5%, registrando il quarto valore positivo consecutivo. Secondo l’indagine trimestrale di Unioncamere Lombardia, su base annua il balzo è del +37,4%, frutto della ripresa a pieno regime dopo la riduzione delle attività che aveva caratterizzato l’analogo periodo del 2020 in piena emergenza sanitaria. Si conferma quindi la velocità di marcia sostenuta già registrata nei primi tre mesi dell’anno, e con questi risultati l’indice di Unioncamere Lombardia del volume d’affari torna a superare quota 100, ovvero sia al di sopra sia dei livelli pre-crisi sia della situazione relativa agli anni precedenti: era dal 2010 che non si raggiungevano valori simili.

Migliora il clima di fiducia

Gli imprenditori sembrano scommettere sul proseguimento della tendenza positiva, mostrando un ulteriore miglioramento del clima di fiducia. Il saldo tra aspettative di crescita e di diminuzione per il prossimo trimestre risulta ampiamente positivo (+27) e rappresenta il valore massimo della serie storica.
“Le costruzioni rivestono un ruolo fondamentale nell’economia lombarda e il loro rilancio può fare da importante volàno anche per molti altri settori – dichiara il Presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio -. I fattori che hanno permesso questa ripresa dell’edilizia sono numerosi: dalla maggiore importanza attribuita agli spazi domestici dopo la pandemia, alle condizioni favorevoli di accesso al credito, agli incentivi fiscali e alla ripartenza degli investimenti pubblici”.

Diminuisce il grado di indebitamento

L’indagine di Unioncamere Lombardia ha approfondito anche il tema della situazione finanziaria delle imprese di costruzioni e del mercato del credito, registrando una diminuzione del grado di indebitamento e un miglioramento dei giudizi relativi alle condizioni di accesso al finanziamento bancario. Tra i motivi per ricorrere al credito spiccano le necessità di liquidità e cassa, anche in via precauzionale (79%), mentre emerge anche la rinnovata volontà delle imprese di tornare a investire: la percentuale che indica questa motivazione sale al 42%, superando così i valori del 2019.

I fattori che rischiano di compromettere la crescita del settore

Inoltre, vengono rilevati con meno frequenza i fattori negativi che un anno fa, a seguito dell’emergenza, penalizzavano la situazione finanziaria delle imprese, come ritardi di pagamento, difficoltà a sostenere le spese correnti e nel rimborso dei finanziamenti. Le questioni legate all’approvvigionamento e al rincaro dei materiali sembrano però rappresentare in questo momento un fattore cruciale che rischia di compromettere la crescita del settore, rallentando l’attività ed erodendo i margini delle imprese. Lo dimostra il dato sui costi di magazzino che registra una crescita di ben venti punti, dal 9% al 29%.

Squid Game, gli attacchi informatici si ispirano alla serie coreana

Squid Game è diventata in pochissimo tempo la serie più vista in assoluto sulla piattaforma Netflix, con oltre 111 milioni di spettatori. E il successo planetario della produzione coreana ha anche creato una fanbase sterminata: ovvio che, con queste premesse, i criminali informatici si siano “buttati” sull’appeal della storia, inventando nuove esche per “pescare” e truffare online gli ignari fan. Gli esperti di Kaspersky hanno condiviso ciò che hanno scoperto sulle minacce più comuni e sofisticate relative a Squid Game, che comprendono Trojan, adware e offerte di phishing per costumi di Halloween ispirati alla serie.

Era solo questione di tempo

“Era solo una questione di tempo prima che Squid Game diventasse una nuova esca di successo. Come per qualsiasi altro argomento di tendenza, i criminali informatici sanno bene come sfruttarli. Infatti rileviamo ogni giorno molte pagine di phishing che offrono di acquistare i costumi della serie o che invitano gli utenti a giocare online ai giochi dello show. Naturalmente le vittime finiscono poi col perdere dati, denaro e installare malware sui propri dispositivi. È molto importante che gli utenti controllino sempre l’autenticità dei siti web che visitano per guardare serie in streaming o per acquistare del merchandising”, ha commentato Anton V. Ivanov, security expert di Kaspersky.

I rischi connessi

Nella maggior parte dei casi presi in esame, sono stati scoperti Trojan-downloader in grado di installare programmi dannosi, ma anche diversi Trojan e adware. Uno degli schemi di truffa analizzati dava la possibilità agli utenti di visualizzare la versione animata di un finto gioco online tratto dalla serie e, contemporaneamente lanciava un Trojan che, agendo di nascosto, rubava dati dai vari browser degli utenti per indirizzarli ai server degli attaccanti. Inoltre, gli esperti hanno osservato che veniva creato un collegamento ad una delle cartelle per consentire agli attaccanti di lanciare il Trojan ogni volta che veniva avviato il sistema. Tra i vari sistemi escogitati dai cybercriminali, c’è anche un malware mobile che fa credere all’utente di scaricare un episodio di Squid Game invece del Trojan. Si tratta di frodi così sofisticate che spesso vengono bypassati i normali controlli del server, quelli che vengono effettuati ad esempio sulle app attraverso l’apertura di una nuova scheda nel browser o l’invio un SMS ai numeri ricevuti dal server di controllo. La morale è sempre la stessa: quando un fenomeno diventa così di moda, bisogna stare attentissimi sul web, perchè si può stare sicuri che i cybercriminali lo sfrutteranno per i loro affari.

Social media, ci sono anche gli effetti negativi: per la precisione, 46

Ormai tutti utilizziamo almeno un social network, per non parlare delle fasce più giovani della popolazione che si muovono fra app e siti con la massima disinvoltura. Oggi gran parte delle relazioni sociali, professionali, ma anche il nostro desiderio di informarci o di intrattenimento passa proprio attraverso queste applicazioni. Ma è tutto oro quel che luccica? No, almeno a quanto afferma un team di ricercatori dell’University of Technology di Sydney, che ha analizzato i potenziali effetti negativi dell’esposizione ai social. Trovandone addirittura 46. Tra questi ci sarebbero ansia, depressione, molestie, incitamento al suicidio, cyberstalking, delinquenza, gelosia, sovraccarico di informazioni e mancanza di sicurezza, rivelano gli scienziati australiani in uno studio ad hoc. Nel complesso, i problemi connessi ai social media vanno da disagi di salute fisica e mentale a impatti negativi sul lavoro e sul rendimento scolastico, oltre ai rischi legati alla sicurezza e alla privacy.

Sei i macro temi che “scottano”

I ricercatori hanno raggruppato tutti i possibili effetti collaterali negativi derivanti dall’utilizzo dei social in sei macro aree, identificate per temi. C’è ad esempio il “prezzo dell’interazione sociale”, che comprende sia danni psicologici, come depressione, ansia o gelosia, sia altri costi come tempo, energia e denaro sprecati. Nel gruppo dei “Contenuti fastidiosi” rientrano una vasta gamma di azioni o informazioni che infastidiscono, turbano o irritano, come contenuti inquietanti, violenti, a sfondo sessuale. Alla sfera dei “Problemi di privacy” fanno parte  tutte le minacce alla privacy personale relative all’archiviazione, al riutilizzo o alla condivisione di informazioni personali con terze parti, mentre nel tema “Minacce alla sicurezza” ricadono i danni derivanti da frode o inganno come il phishing. Infine, ci sono il macro argomento del  “Cyberbullismo”, che include qualsiasi abuso o molestia da parte di gruppi o individui come ad esempio messaggi offensivi, stalking o diffamazione, mentre è più inedito il tema del “Basso rendimento”, che si  riferisce all’impatto negativo che l’eccesso di social potrebbe avere sul lavoro o sulla resa scolastica.

Serve più consapevolezza

Dato che sono poco meno di 4 miliardi le persone che in tutto il mondo sono quotidianamente connesse ai social, serve un’attenzione particolare verso queste problematiche. Secondo il team di ricercatori, una maggiore consapevolezza dei potenziali pericoli può spingere gli utenti a una migliore moderazione e aiutare tutte le figure coinvolte, dagli informatici ai progettisti fino agli educatori e ai politici, a sviluppare strategie atte a ridurre al minimo i possibili danni da esposizione a social.  

Andare al cinema fa bene alla mente e al corpo

Andare al cinema fa bene alla mente e al corpo: la conferma arriva da uno studio inglese dell’University College of London, che ha pubblicato i risultati di una ricerca commissionata da Vue International, il gruppo proprietario del circuito di sale cinematografiche, The Space Cinema, per esplorare cosa succede al corpo e alla mente durante la visione di un film in sala. ‘Magia’ del cinema a parte, anche la scienza ribadisce i benefici fisici, mentali ed emotivi dell’esperienza cinematografica in sala. In particolare, la ricerca suggerisce tre elementi specifici e distintivi dell’esperienza cinematografica, ovvero, l’attività focalizzata, la socialità condivisa, e l’elemento culturale.

Un’esperienza culturale che stimola la concentrazione e l’attenzione

“Esperienze culturali come andare al cinema offrono al nostro cervello l’opportunità di dedicare la nostra completa attenzione per periodi di tempo prolungati – commenta il Dr Joseph Devlin, Professore di Neuroscienze Cognitive all’UCL -. Al cinema nello specifico, non c’è altro da fare se non immergersi. La nostra capacità di mantenere la concentrazione e l’attenzione gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della nostra resilienza mentale, perché la risoluzione dei problemi richiede in genere uno sforzo concentrato per superare gli ostacoli – aggiunge il Dr Devlin -. Le attività con un focus sociale condiviso, d’altra parte, aumentano la nostra creatività, le prestazioni di squadra e il legame con gli altri, ed è stato anche dimostrato che riducono i sentimenti di solitudine e depressione”.

Aumento della frequenza cardiaca e dell’eccitazione emotiva 

Allo studio, condotto dalla Facoltà di Psicologia Sperimentale dell’Università londinese, ha partecipato un gruppo di volontari che ha preso parte alla proiezione di un film della durata di due ore indossando sensori biometrici, con i quali i ricercatori sono stati in grado di misurare un notevole aumento della frequenza cardiaca dei partecipanti. Il monitoraggio ha rilevato anche un progressivo allineamento dei battiti degli spettatori, quasi fino a sovrapporsi per andare all’unisono. I test sulla cute hanno mostrato inoltre che in alcuni momenti più coinvolgenti nella trama si è innescato un aumento dei livelli di eccitazione emotiva.

Uno degli ultimi posti in cui ci si può davvero perdere

“Tra il destreggiarsi tra più dispositivi e il vivere in un mondo in cui non siamo quasi mai offline, spegnere tutto non è mai stato così importante – puntualizza Tim Richards, ceo di Vue International -. Il cinema è uno degli ultimi posti in cui ci si può davvero perdere, e questa ricerca conferma che non è solo un modo di dire, ma che gli effetti benefici sono persino misurabili scientificamente”.
Insomma, perdersi nell’esperienza di un film al cinema è ritrovarsi migliorati nello spirito e nel corpo. Ma è anche una sfida contro il multitasking, la vita always on, con le continue distrazioni davanti a display e monitor.